Regina madre - Alberto Buscaglia

Alberto Buscaglia
Alberto Buscaglia
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Le attività > Il Teatro
Regina madre

di Manlio Santanelli

regia di Alberto e Gianni Buscaglia

con
Regina     Ketty Fusco  
Alfredo    Antonio Ballerio  

scenografia e costumi Alan Luberti

tecnico luci Ezio Conforti
aiuto regia Francesca Giorzi
tecnico suono Nicola De Marchi
musiche
di Giuseppe Verdi, da "Aida", "Il Trovatore", "La Traviata"

Teatro La Maschera, Lugano, 1993
Compagnia Lugano Teatro, Lugano, 1994


Nell'occasione dell'interpretazione in Regina madre Ketty Fusco
ha ricevuto l'Anello Hans Reinhart Premio teatrale alla carriera
"Regina e Alfredo sono dei sepolti vivi, “isolati dal mondo come Radmes e Aida nell’opera immortale”. La casa bunker è il luogo amato e odiato, lo spazio angusto della loro solitudine,  della loro ineluttabile reclusione (...)
Per Alfredo la casa è il luogo del ritorno, un ritorno forse sempre rimandato ma inevitabile, senza scampo: come l’ape operaia, che dopo aver raccolto il nettare non si sottrae al dovere di nutrire la sua Regina, fino all’estremo sacrificio. Regina, sacra custode della casa-tempio, ritrova in Alfredo la linfa della sua lontana giovinezza, il nutrimento necessario per perpetuare nel tempo la supremazia del suo ruolo materno (...)
La scrittura di Santanelli si muove in un curioso universo verbale che oscilla continuamente tra lingua italiana e locuzioni e cadenze napoletane. Questo ritorno alle radici linguistiche, soprattutto per il personaggio di Regina, sembra dettato non tanto da preoccupazioni riduttivamente naturalistiche o sociologiche, quanto dall'urgenza di interrogare rimosse memorie ancestrali e intraprendere la necessaria e dolorosa discesa alle Madri, per poter ritrovare, se non le cause estreme del proprio disagio interiore, almeno il coraggio di guardare dentro lo specchio del Teatro."

(Note di regia, dal programma di sala)
La critica
"(...) Avvolta in un'intimità scenografica tesa a sottolineare il carattere da camera dell'impianto drammaturgico, l'impudico voyeurismo occasionale della platea trovava sfogo all'interno dei quattro contorni in legno a vista che delimitavano la stanza in cui si svolgono i due atti della commedia: una scelta felice che ha trasformato la scena in una nicchia in cui trova libero sfogo il gioco, l'aperto confronto, spesso spietato, fra madre e figlio. (...) Un plot semplice, strindberghiano, dove il fantasma ricorrente del padre e la crudele condizione del figlio succube della cinica memoria materna, nel riscatto di un passato poco prestigioso e a volte anche banale, fanno da scenario a una lotta impari fra amore-odio, ira, rigurgiti infantili e scoppi di rabbia adulta, in un epilogo che, nella sua macabra drammaticità, vede decisamente prevalere una madre scaltra, stratega dei sentimenti: figura che Santanelli dipi nge con grande maestria nei dialoghi. (...) Un testo adatto alle ridotte dimensioni della sala per la quale la sapiente e misurata regia dei fratelli Alberto e Gianni Buscaglia si evidenziava per equilibrio e gusto narrativi, una scelta giusta per uno spettacolo certamente fra i più significativi e intelligenti fra quelli andati in scena al teatrino della Maschera".
Giorgio Thoeni, E la stagione comincia con un dramma di famiglia, Azione, 13 gennaio 1994

"(...) Lo sforzo registico si è concentrato soprattutto nel far risaltare le interpretazioni. Il claustrofobico mondo interiore dei protagonisti è reso in uno spazio - una stanza soggiorno - chiuso come una cella con le sue sbarre; cella dalla quale, una volta entrato,l'uomo non esce mai, mentre la donna spesso apre la porta e se ne va in altre stanze. I rapporti di forza tra madre e figlio sono resi visivamente anche con l'abbigliamento: lei, all'inizio in vestaglia, alla fine sarà in abito da sera, lui arriva dall'esterno vestito di tutto punto e finirà in pigiama. Perfetto uso dei bui per i silenziosissimi cambi di scena. Ma il piatto forte è la recitazione. (...) Chi andrà a vedere lo spettacolo, se conosce Ketty Fusco attrice scoprirà stavolta altri inediti risvolti delle sue capacità che, raffinadosi, non concedono però nulla al gusto della mattatrice del teatro di tradizione; modernamente lei sfuma, interiorizza, allude. Dicendo che Antonio Ballerio le ha tenuto testa senza apparire querolo - anche se è un attore trattenuto, che per scelta poco concede al sopra le righe - è già detto il suo livello. Ma c'è qualcosa in più, si avverte un'affiatamento di palcoscenico per cui l'impegno dell'uno valorizza il risultato dell'altra e viceversa (...).
Marisa Marzelli, Tirannia in famiglia, Corriere del Ticino, 10 febbraio 1994
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