La stangata persiana - Alberto Buscaglia

Alberto Buscaglia
Alberto Buscaglia
Vai ai contenuti
Le attività > Il Teatro
La stangata persiana

commedia di Tito Maccio Plauto

nella versione di Antonio Porta

regia di Alberto e Gianni Buscaglia

scena di Carlo Paganelli
costumi di Daniela Zerbinati
musiche di Giovanna Busatta

luci Sandro Carminati
Movimenti scenici Rosanna Celestino
Asssistente alla regia Mary Pellegatta

Compagnia Stabile del Teatro Filodrammatici
Milano, 1985/1986

con
Toxilo          Silvano Piccardi  
Ciondolone   Riccardo Pradella   
Reggicoda    Gianni Quillico  
Sofistica       Narcisa Bonati  
Anguilla       Marco Balbi  
Precisina      Milvia Marigliano   
Dordalo       Riccardo Mantani Renzi  
Lunapiena    Maria Cristina Bortolozzi  
"Ogni poeta, o scrittore, o critico (…) è un “mangiatore di linguaggi”. Io sono onnivoro non solo per quel che riguarda i cibi ma anche per i linguaggi, da quello sportivo a quello dei comici, da quello della scienza a quello della poesia. Raramente, però, mi capita di poterli riutilizzare tutti, imponendomi il linguaggio della narrativa e quello della poesia e quello della critica, dei limiti abbastanza precisi, anche se non rigidissimi. A contatto con il linguaggio del Persa ho sentito la necessità di dar fondo a tutte, o quasi, le mie risorse (…). La perfetta macchina teatrale del Persa tanto perfetta da trasformarsi anche in “teatro dentro se stesso”, con stupendi giochi di “straniamento”, è base sicura alla liberazione dei linguaggi."

(Antonio Porta, Nota del traduttore. Dal programma di sala)


"Persa è il sogno di una rappresentazione. Nell’intervallo di tempo che trascorre tra la partenza e il ritorno dei padroni, Toxilo e i suoi compagni (attori) tessono la trama dell’inganno (la stangata) ai danni del ruffiano Dordalo: sospendono, come d’incanto, la realtà, la fissano per il tempo della rappresentazione in una dimensione di festa; sospendono tutti i rapporti di classe esistenti e ribaltano le funzioni sociali in un gioco di travestimenti (da servi ad attori, da attori a personaggi-attori, da attori nuovamente a servi), dando vita ad un gioco illusorio che solo il teatro può ricreare. (…) Ecco, forse le ragioni che ci hanno condotto a Plauto sono in questa dimensione sospesa: quasi a cercare a ritroso, così lontano, alle nostre radici, la nostra infanzia, in un gioco costante di riflessioni, di inganni e di illusioni (…), in una ambigua e deformata scena dove i servi di Plauto si confondono con gli attori di un teatro di varietà sognato…"

(Note di regia, dal programma di sala)

La critica
"(...) Ci piace considerare questa farsa nello spessore conferitole dal fatto che amori e trappole si consumano in assenza dei padroni. E' una vacanza, è una licenza, è un carnevale che, come avverte la battuta finale, finirà presto (...) è accaduto quasi in clima di sogno, di ipotesi, quasi per assaggiare la possibilità di una vita diversa. Anche l'eccentrico "banchetto con busse" finale rivela il clima irreale, onirico dell'opera, e il suo invito alla fantasia di ognuno. Invito raccolto dal Teatro dei Filodrammatici, che per cominciare ne hanno affidata la traduzione a un poeta modernamente e spasmodicamente curioso dei fatti linguistici, qual è Antonio Porta (...) La realizzazione è opera di Alberto e Gianni Buscaglia. Già dai costumi, ora un po' da bestiario, ora un po' da rivista, ora allusivamente identificanti, ma sempre fortemente eccentrici (sono di Daniela Zerbinati), dentro la scena ironica di Carlo Paganelli, si precisa l'impianto interpretativo che, a parte un voluto omaggio alla nostra tradizione di teatro leggero, tende a costituirsi da una ricerca e per un estro, a disegnare lo spazio e il clima del meraviglioso, del gioco insieme ingenuo e perverso, con piena osservanza delle regole che fanno l'Arte, cioè il mestiere. Risulta uno spettacolo di suono insolito, e però scattante e filante, pungente e colorito. (...) Tutto molto bene, dunque, per una serata di divertimento, ma con l'opportunità di riflettere sui modi del teatro.
Odoardo Bertani, Questo Plauto precursore della commedia dell'arte, Avvenire, 26 ottobre 1985

"(...) Lo spettacolo con il pubblico funziona, la traduzione anche: in più ne risulta la consapevolezza, da parte di Porta, che una nuova versione per essere veramente tale deve, senza tradire l'autore, essere fatta non solo in chiave di contemporaneità ma anche con l'idea che, per ricostruire il gioco comico, si deve necessariamente passare per l'interpretazione, talvolta l'improvvisazione degli attori. Questa chiave dell'attualizzazione è stata ulteriormente sviluppata anche dai fratelli registi Alberto e Gianni Buscaglia. La loro ipotesi è questa: proporre attraverso La Stangata persiana un excursus dentro la comicità novecentesca, a partire da Petrolini (con un occhio, magari, anche ai futuristi), passando attraverso Ridolini, Totò, i De Rege, giù giù fino alla comicità più bassa, ai giochi verbali più trucidi, alle macchiette più scontate che hanno fatto la storia dell'avanspettacolo (...) Intanto, però, ci si rende conto che la versione di Porta si è trasformata spesso e volentieri in un canovaccio per gli attori, che, a loro volta, la riscrivono con inserimenti dialettali, riproposte di antiche macchiette. Guardiamo dunque a questo spettacolo per quello che è, un gioco d'attori, un divertmento, che però non riesce a toglierci l'idea di essere fine a se stesso.
Maria Grazia Gregori, Plauto in scena con le beffe di Petrolini, l'Unità, 18 ottobre 1985

"(...) La compagnia del Filodrammatici, sotto la regia dei fratelli Buscaglia, ha aggiunto altri vagoni al trenino di Plauto: innanzitutto una scena antico-postmoderna interno-esterna di Carlo Paganelli con frontone da tempio e luci al neon colorate; poi dei costumi altrettanto irrealistici di Daniela Zerbinati, fra l'aviatore della prima guerra mondiale, il frak con lustrini dell'avanspettacolo, gli animali impossibili del carnevale, la danzatrice del ventre in calzamaglia. Infine, ma soprattutto, uno strano minestrone di tecniche d'attore, i dialetti, il varietà, il clownesco e il surreale, lo sboccato e la rottura "sincera" della finzione col discorso diretto al pubblico, il demenziale e lo svaccato. Insomma, di tutto un po', spesso ad opera di uno stesso attore: senza dubbio un modo molto divertente e inventivo di recitare che riesce anche gradito al pubblico, almeno a giudicare dal grande successo della prima dell'altra sera (...) Le invenzioni comunque ci sono, il ritmo anche, e bisogna probabilmente dividerne il merito fra la regia dei fratelli Buscaglia e le improvviazioni degli attori (...).
Ugo Volli, Nello strano minestrone comico Plauto si affaccia sullo sfondo, la Repubblica, 19 ottobre 1985


  
Torna ai contenuti