Il Teatro - Alberto Buscaglia

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Il Teatro

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Il lavoro teatrale

Il lavoro di regia con mio fratello Gianni non ha mai potuto prescindere da un lavoro approfondito sulla drammaturgia. Ancora prima di immaginare lo spettacolo nella sua dimensione spaziale, scenica, per noi è sempre stato indispensabile il lavoro sul testo; e spesso uno studio sull'autore, un saggio critico sono stati il veicolo che ci hanno fornito le suggestioni necessarie per arrivare ad impossessarci di un testo e immaginarlo in forma di spettacolo.
Così è accaduto, per esempio, nel 1984, per la nostra interpretazione “noire” de Gl’innamorati di Carlo Goldoni, una "lettura" che ha anticipato tutte le regie successive di questo grande testo goldoniano; o anche con Avventure morte e dannazione di Don Giovanni. Del primo ci siamo “innamorati” dopo la lettura di un saggio fondamentale di Mario Baratto e le suggestioni critiche di Franco Fido, illuminanti anche per un’altra nostra regia/laboratorio goldoniana, quella de La donna di governo; del secondo, dopo avere incontrato il grande libro di Giovanni Macchia sulle fortune teatrali del grande seduttore di Siviglia.
Ma in fondo quasi tutti i nostri spettacoli sono nati così, e in alcuni casi prima c’è stata addirittura la lettura di un saggio critico, poi l’incontro con il testo. E’ il caso di Plauto e della versione del Persa che affidammo al poeta Antonio Porta (La stangata persiana, 1986), spettacolo ispirato dalla lettura di uno stimolante saggio di Gioachino Chiarini (La recita. Plauto, la farsa, la festa, 1983), che ci fornì non solo le indispensabili coordinate culturali, ma anche alcune suggestioni meta teatrali per la messinscena.
Le indicazioni scenografiche, i movimenti degli attori, le luci, le musiche sono sempre state determinate da quella prima fase di approfondimento dei testi, mai da una superficiale idea preconcetta o da suggestive immaginazioni scenografiche. Infatti, non abbiamo mai chiesto agli scenografi di inventarci una scena, ma di progettarla partendo dalla nostra lettura critica del testo e dalle idee che si formavano durante quella prima fase di lavoro.


Avventure morte e dannazione di Don Giovanni (1980)

Gl'innamorati (1984)

La stangata persiana (1986)

La festa del cavallo (1990)

Regina madre (1994)

Chi ha paura di Virginia Woolf? (1994)

Ritter, Dene, Voss (2005)




                                                                                                                                                                                La scena di Francesca Piotti per "Ritter, Dene, Voss" di Thomas Bernhard,
Compagnia Labyrinthos e Tetaro di Chiasso (CH), 2005

Ma la storia di chi fa teatro è anche costellata di progetti rimasti solo progetti, ma non per questo meno importanti sul piano della vicenda individuale e della elaborazione concettuale. Fra quelli che hanno più impegnato non solo noi registi, ma anche attori e collaboratori che facevano parte dell'avventura produttiva, voglio ricordare due spettacoli che purtroppo non approdarono mai sul palcoscenico ma che determinarono la costituzione di due compagnie teatrali.
Nel 1989, a un anno dalla scomparsa di Antonio Porta, insieme a mio fratello Gianni e a un gruppo di attori fondammo la compagnia "ATM - Azienda Teatrale Milanese", con la quale producemmo per il Teatro Verdi di Milano La festa del cavallo, poema teatrale di Antonio Porta. L'anno dopo, con la medesima compagnia, progettammo uno spettacolo basato sugli atti unici di due autori francesi molto in sintonia nonostante il secolo che li separava, Alfred De Musset e Eric Rohmer. I testi erano Una porta è aperta o è chiusa e Il trio in mi bemolle, uniti da un titolo che ne racchiudeva la tematica: Le intermittenze del cuore. Purtroppo, per una equivoca e improvvisa decisione del teatro che avrebbe dovuto coprodurlo, dovemmo rinunciare alla realizzazione dello spettacolo.
Sempre per carenza di disponibilità dei teatri a coproduzioni con gruppi esterni, nel 2000 dovemmo rinunciare alla realizzazione di uno spettacolo basato sui Due dialoghi in lingua pavana di Angelo Beolco detto il Ruzante, Parlamento de Ruzante che iera vegnù d acampo e Bilora, nella traduzione/versione di Aldo Busi, testo che gli avevamo commissionato per "L'Illustre Teatro", gruppo teatrale formatosi per poter lavorare intorno al progetto ruzantiano con un concreto approccio laboratoriale e sperimentale. Lo spettacolo non si fece. La versione di Aldo Busi dei Dialoghi ruzantiani fu pubblicata qualche anno dopo negli Oscar Mondadori.
Della compagnia "ATM Azienda Teatrale Milanese" facevano parte, oltre ai registi, gli attori Antonio Ballerio, Marcello Cortese, Enrico Maggi, Fabio Mazzari, Elda Olivieri e la senografa e costumista Francesca Piotti.
Il gruppo de "L'Illustre Teatro" era composto dai registi Alberto e Gianni Buscaglia, dagli attori Enrico Bertorelli, Raffaele Farina, Enrico Maggi, Lorenzo Scattorin e dallo scenografo Eugenio Giudici.  


 
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